L'ALTRO EST CONTRO L'OVEST EUROPA

La moderazione, in politica, è sapere di non poter trattare alla pari con i rispettivi partners o alleati economici, quando è il soggetto a cui ci si riferisce a detenere, anzitutto, le redini di un potere, ottenuto, nella maggior parte dei casi, attraverso l’utilizzo della strategia, della guerra o della forza.

A un uomo sano e di ampie vedute non verrà mai in mente di confrontarsi con tale potere in termini minacciosi, soprattutto se consapevole di non possedere, o di non potersi permettere ancora e allo stesso modo, il medesimo quantitativo di forza che in reazione gli possa permettere un’ulteriore guerra.

Anche perché è soprattutto la storia degli ultimi due secoli a dirci che all'interno di quel senso strategico vincente (di fatto) ci sia stato e possa esserci all'occorrenza la creazione di un “estremismo minaccioso”, quando perfino come specifico atteggiamento caratteriale, fino a che sia necessario, per un motivo o per l’altro, decapitarlo, e con esso la sua caratteriale concezione.

Come se tale estremismo sia stato creato in laboratorio o su “commissione” da coloro che di quel potere ne detengono le redini, potere che di volta in volta e proprio per il suo senso strategico vincente potremmo quindi considerare "in moderazione”.

Non che un moderato dunque, non possa essere un estremista.

Tutt'altro.

L’unica differenza tra concezione moderata e concezione estremistica risiede nell'approccio strategico da “menti pensanti”, ben sapendo di avere le redini a favore, o potendone effettivamente pensare, in risposta e all'occorrenza, una reazione estremistica, sia essa di tipo caratteriale che di forza materiale quantitativa.

Non dovrebbero invece poter sussistere avanguardie, per così dire, di forza bruta, estrema, senza tener conto degli aspetti di cui sopra, senza quindi poter sapere dove quella forza bruta vada a impattare.

A tal proposito lo scenario che ci riguarda più da vicino, quello europeo, è in continua evoluzione.

Della vicenda Russo/Ucraìna gli sfaceli più evidenti sono da addossare all'ala sinistra, democratica, degli USA.

Fautrice di un promesso golpe, poi fatto fallire, ovvero quello ai danni di V. Zelensky (dopo gli accordi di pace di Minsk completamente indottrinato/trasformato, se non minacciato e destinato a esserne marionetta) a favore di V. Putin (a sua volta “traditore” in Europa di una promessa non/invasione ucraìna, poi completamente disattesa) astuta, si direbbe, quell'ala sinistra e democratica, nel non provocare invasioni in Russia a invasione ucraìna eseguita, con un V. Putin caduto quindi in trappola, a cui non resta che la propaganda e la giustificazione, plausibile, secondo alcuni, dell’auto-difesa o guerra preventiva.

Ne sovviene che a rimetterci, in tutto ciò, sia quindi l’Europa, proprio nel momento che andava a ristabilire una sua piena e complessiva sovranità (non certo quella dell'austerity o quando dovuta a nazionalismi divisivi voluti dai britannici a suon di autobombe islamiche) ora legatasi inevitabilmente al baraccone NATO/USA, di cui comunque - salvo che una G. Meloni o altri non ne diventino dei nuovi V. Zelensky - par di comprendere, per recente strategia statunitense, che si tratti o si sia trattato di un prendere tempo da parte sua, di un atteggiamento da “buon viso a cattivo gioco” e che gli USA, dopo aver trattato di armi con lei, di quei persuasivi atteggiamenti in fondo non si fidino, creando nella stessa Europa un fronte ad est (circondando ulteriormente la Russia, che militarmente, in quanto ben fornita, ad oggi resta comunque un’incognita) per lentamente tralasciare l’ovest, che a quel punto, un domani, li si potrebbe anche rivoltare contro o ottenerne maggiore indipendenza, trattandosi quindi dell'ennesima manovra statunitense dove l'intenzione potrà essere quella di mettere contro, oltre alla Russia, l'altro est con l'ovest Europa.