Le condivisioni a slogan o frasi fatte in occasione della giornata della Liberazione non si sono fatte attendere, né sprecare.
Le stesse su più parti.
E non se ne avrebbe nulla da eccepire.
Pensieri e parole in libertà.
Certo è che una commemorazione del genere dovrebbe, nei limiti del possibile, insegnare qualcosa: un orizzonte futuro da concepire, una realtà da consolidare, e insomma cose di questo tipo.
Che il fascismo abbia avuto tratti criminali, sia per ciò che riguarda il suo omicidio più sbandierato, quello nei confronti di G. Matteotti, che per il suo percorso conclusivo in relazione al nazionalsocialismo e soprattutto come discriminante anti-ebraica (non limitata alle sole leggi razziali che - almeno in Italia - hanno avuto la finalità di inibire certi ebrei per colpire un loro sistema “altro”) che abbia quindi sviluppato meglio strumenti strutturali o istituzionali non suoi, e rivendicati o fatti passare come se lo fossero, non dovrebbero esserci dubbi.
Ma è anche vero che fin dal suo insorgere, il fascismo ha strenuamente e idealmente ripulito o riordinato dall'interno le amministrazioni pubbliche italiane - un qualcosa che in pochi interpretano a dovere, ma basterebbe citare un più recente Montanelli - una novità, un fatto, che difficilmente si sarebbe ripetuto negli anni a venire (poiché non è tanto ciò che si è creato, ma l’azione che a qualsivoglia creazione, in termini di realizzazione o efficacia, ne è succeduta).
E si dia anche il caso che se poi nello specifico fu concretamente dichiarato come crimine o divieto, lo si deve a quegli apparati democristiani che trovandosi al potere, grazie anche a qualche opportuno vicendevole aiuto internazionale, reputarono non più conveniente una sigla o riabilitazione del genere (meglio chiamarla - e a favore talvolta - “estrema destra”, ma che non si sappia!) per quanto ne avrebbero sposato o risposato le medesime prassi o intenzioni, in merito quindi alla gestione interna delle pubbliche amministrazioni di cui sopra, un qualcosa dunque non sempre riuscita benissimo - vedasi anche i casi Moro e Mattei - e proprio per via delle dovute alleanze internazionali che si affacciavano come novità dal dopoguerra in poi.
Forse che contro queste alleanze internazionali sarebbero dovuti servire metodi, come dire, più aspri, più indipendenti?
Ché forse sarebbero un po’ quelli che fin dal principio il fascismo cercò di affermare, e proprio perché quelle alleanze o circuiti - che per carità bisogna anche dire che fondamentalmente, e soprattutto inizialmente, sovvenzionarono l'instaurazione del fascismo - sono alla base del concepimento e messa in opera di qualsivoglia e opportuna struttura ideologica, salvo poi di tali idee o ideologie, quando inevitabilmente inaridite o inquinate (non sia mai potessero risultare troppo oneste e scomode) le si abbia volute ripulire dall'interno, che è un po’ ciò che fece il fascismo con uno dei suoi motti iniziali, ovvero quello di voler integrare la dottrina del proletariato, del socialismo, del liberalismo, del comunismo, della democrazia, dell’aristocrazia, in un unico contenitore “liberato” e perfezionato (o corretto, riesumato quindi dal suo interno) senza inutili divisioni, e proprio perché territorialmente trovatosi sotto attacco ideologico.
Resosi conto di ciò, se d’altra parte il suo alleato divenne poi quello tedesco, tale da fargli perdere la guerra (un errore che potrebbe anche non avere scusanti, e nei confronti del tedesco stesso) a oggi siamo comunque in presenza di una guerra mondiale dalla consistenza lenta, strisciante, frammentata, o quando nella maggior parte dei casi neanche apertamente dichiarata, o al più lasciata opportunamente dichiarare.
Dunque se volete rifarvi sul fascismo, fate pure, ma dovrebbe semmai urgere un tipo di liberazione di ben altra forma, e cioè quella inerente al sistema virtuale/artificiale (IA) che per chi ha realmente compreso una non facile realtà circostante, non credo ci voglia molta immaginazione per capire che l’anti-umano, ovvero quelle cerchie famigliari o circuiti occultistici a cui fra l'altro piace vivere, oltre che negli Stati Uniti, tra Polonia, Ucraìna, Ungheria e Germania, e a cui evidentemente l’uomo, come il suo supremo creatore o Eone, non sta molto simpatico, non si accontenteranno più di dominarci qualche sensazione - e che anzi della cosa ancora li serva farla pulita, lasciandoci un qualche libero arbitrio, o la speculare illusione di un umano-diritto, quando trattasi perfino di aborto - vorranno prendersi invece il ‘pensiero tutto”, o anche, e dunque, materializzarci l’intelletto.
Ora, a confronto della collettivizzazione salariale (forse sfociata in Co.Co.Co o contratti a progetto anche per neo-laureati non benestanti o non raccomandati?) con tanto di risaputi espropri di ricchezze - altro presupposto iniziale per quelle alleanze o circuiti - potrei sì, soffermarmi approfonditamente su ciò che riguarda la dottrina economica del fascismo, la cosiddetta “socializzazione”, e quando anzitutto da considerarsi dall'interno dello Stato - tanto da poter scalzare perfino i sindacati, o renderli inevitabilmente inutili - mi preme invece, più che altro, restare in ambito politico, e in riferimento alla suddetta commemorazione post-fascista: è chiaro che una qualsivoglia destra, che possa ritenersi tale, se non perfino quella attuale, anche volendo non si dichiarerà mai antifascista, per il banale motivo che non vorrà mai condividere limitatezze d’approccio e d’opinione in merito ad argomenti da spauracchio, ormai inesistenti e comodamente mal interpretati, più spesso figli di una cultura indotta da politici o intellettuali pseudo-tali.
Tra questi, ma di ben altri intendimenti, ne voglio citare uno, A. Romualdi, che più di mezzo secolo fa così affermava: “lo studioso si troverà sempre più a suo agio di fronte a un fenomeno come il comunismo, alla cui base c’è il libro - Il Capitale - che egli può leggere comodamente. Che poi ne - Il Capitale - sia scritto che comunismo significa abolizione dello stato e gestione dal basso, mentre in Russia e Cina le cose sono un po’ diverse, o che il comunismo è un movimento di avanguardia della società industriale più progredita, mentre esso si regge solo in paesi arretrati, questo è un altro discorso. Ma ciò non toglie che lo studioso trovi nel comunismo “un sistema”, qualcosa di più facile da definire, mentre il fascismo, con le sue brusche improvvisazioni, lo "disorienta".
Non da meno un suo esegeta contemporaneo: “in effetti, l’intellettuale, credendo nel primato della ragione sull’azione, che va scissa dal pensiero, e divinizzando il libro, necessita di uno schema preimpostato, dogmatico e razionalistico, valido in ogni tempo e luogo. Non è infatti una coincidenza che il liberalismo e il comunismo abbiano dei manuali di riferimento che assumono quasi una valenza religiosa. I detentori dell’egemonia culturale, fin dai primi tempi del dopoguerra, si affannavano a descrivere il fascismo come un incidente della storia o come un moto di puro autoritarismo privo di basi culturali, sminuendo la caratura di tutti quei pensatori che invece erano profondamente fascisti, simpatizzanti o comunque certamente antitetici alle ideologie dal fascismo combattute. Il perché ciò sia avvenuto è ovviamente dovuto a intenti censori, ma è anche causato dalla natura stessa del fascismo, la cui profonda essenza, partendo da principi metafisici e dinamici, e avendo tra i suoi massimi riferimenti il culto della nazione, si manifestava in forme differenti e variabili, non racchiudibili in nessun libretto di istruzioni. Un intellettuale quindi nel senso convenzionale del termine avrebbe dovuto fare uno sforzo in più per classificarlo e studiarlo nel modo più opportuno”.
Le stesse su più parti.
E non se ne avrebbe nulla da eccepire.
Pensieri e parole in libertà.
Certo è che una commemorazione del genere dovrebbe, nei limiti del possibile, insegnare qualcosa: un orizzonte futuro da concepire, una realtà da consolidare, e insomma cose di questo tipo.
Che il fascismo abbia avuto tratti criminali, sia per ciò che riguarda il suo omicidio più sbandierato, quello nei confronti di G. Matteotti, che per il suo percorso conclusivo in relazione al nazionalsocialismo e soprattutto come discriminante anti-ebraica (non limitata alle sole leggi razziali che - almeno in Italia - hanno avuto la finalità di inibire certi ebrei per colpire un loro sistema “altro”) che abbia quindi sviluppato meglio strumenti strutturali o istituzionali non suoi, e rivendicati o fatti passare come se lo fossero, non dovrebbero esserci dubbi.
Ma è anche vero che fin dal suo insorgere, il fascismo ha strenuamente e idealmente ripulito o riordinato dall'interno le amministrazioni pubbliche italiane - un qualcosa che in pochi interpretano a dovere, ma basterebbe citare un più recente Montanelli - una novità, un fatto, che difficilmente si sarebbe ripetuto negli anni a venire (poiché non è tanto ciò che si è creato, ma l’azione che a qualsivoglia creazione, in termini di realizzazione o efficacia, ne è succeduta).
E si dia anche il caso che se poi nello specifico fu concretamente dichiarato come crimine o divieto, lo si deve a quegli apparati democristiani che trovandosi al potere, grazie anche a qualche opportuno vicendevole aiuto internazionale, reputarono non più conveniente una sigla o riabilitazione del genere (meglio chiamarla - e a favore talvolta - “estrema destra”, ma che non si sappia!) per quanto ne avrebbero sposato o risposato le medesime prassi o intenzioni, in merito quindi alla gestione interna delle pubbliche amministrazioni di cui sopra, un qualcosa dunque non sempre riuscita benissimo - vedasi anche i casi Moro e Mattei - e proprio per via delle dovute alleanze internazionali che si affacciavano come novità dal dopoguerra in poi.
Forse che contro queste alleanze internazionali sarebbero dovuti servire metodi, come dire, più aspri, più indipendenti?
Ché forse sarebbero un po’ quelli che fin dal principio il fascismo cercò di affermare, e proprio perché quelle alleanze o circuiti - che per carità bisogna anche dire che fondamentalmente, e soprattutto inizialmente, sovvenzionarono l'instaurazione del fascismo - sono alla base del concepimento e messa in opera di qualsivoglia e opportuna struttura ideologica, salvo poi di tali idee o ideologie, quando inevitabilmente inaridite o inquinate (non sia mai potessero risultare troppo oneste e scomode) le si abbia volute ripulire dall'interno, che è un po’ ciò che fece il fascismo con uno dei suoi motti iniziali, ovvero quello di voler integrare la dottrina del proletariato, del socialismo, del liberalismo, del comunismo, della democrazia, dell’aristocrazia, in un unico contenitore “liberato” e perfezionato (o corretto, riesumato quindi dal suo interno) senza inutili divisioni, e proprio perché territorialmente trovatosi sotto attacco ideologico.
Resosi conto di ciò, se d’altra parte il suo alleato divenne poi quello tedesco, tale da fargli perdere la guerra (un errore che potrebbe anche non avere scusanti, e nei confronti del tedesco stesso) a oggi siamo comunque in presenza di una guerra mondiale dalla consistenza lenta, strisciante, frammentata, o quando nella maggior parte dei casi neanche apertamente dichiarata, o al più lasciata opportunamente dichiarare.
Dunque se volete rifarvi sul fascismo, fate pure, ma dovrebbe semmai urgere un tipo di liberazione di ben altra forma, e cioè quella inerente al sistema virtuale/artificiale (IA) che per chi ha realmente compreso una non facile realtà circostante, non credo ci voglia molta immaginazione per capire che l’anti-umano, ovvero quelle cerchie famigliari o circuiti occultistici a cui fra l'altro piace vivere, oltre che negli Stati Uniti, tra Polonia, Ucraìna, Ungheria e Germania, e a cui evidentemente l’uomo, come il suo supremo creatore o Eone, non sta molto simpatico, non si accontenteranno più di dominarci qualche sensazione - e che anzi della cosa ancora li serva farla pulita, lasciandoci un qualche libero arbitrio, o la speculare illusione di un umano-diritto, quando trattasi perfino di aborto - vorranno prendersi invece il ‘pensiero tutto”, o anche, e dunque, materializzarci l’intelletto.
Ora, a confronto della collettivizzazione salariale (forse sfociata in Co.Co.Co o contratti a progetto anche per neo-laureati non benestanti o non raccomandati?) con tanto di risaputi espropri di ricchezze - altro presupposto iniziale per quelle alleanze o circuiti - potrei sì, soffermarmi approfonditamente su ciò che riguarda la dottrina economica del fascismo, la cosiddetta “socializzazione”, e quando anzitutto da considerarsi dall'interno dello Stato - tanto da poter scalzare perfino i sindacati, o renderli inevitabilmente inutili - mi preme invece, più che altro, restare in ambito politico, e in riferimento alla suddetta commemorazione post-fascista: è chiaro che una qualsivoglia destra, che possa ritenersi tale, se non perfino quella attuale, anche volendo non si dichiarerà mai antifascista, per il banale motivo che non vorrà mai condividere limitatezze d’approccio e d’opinione in merito ad argomenti da spauracchio, ormai inesistenti e comodamente mal interpretati, più spesso figli di una cultura indotta da politici o intellettuali pseudo-tali.
Tra questi, ma di ben altri intendimenti, ne voglio citare uno, A. Romualdi, che più di mezzo secolo fa così affermava: “lo studioso si troverà sempre più a suo agio di fronte a un fenomeno come il comunismo, alla cui base c’è il libro - Il Capitale - che egli può leggere comodamente. Che poi ne - Il Capitale - sia scritto che comunismo significa abolizione dello stato e gestione dal basso, mentre in Russia e Cina le cose sono un po’ diverse, o che il comunismo è un movimento di avanguardia della società industriale più progredita, mentre esso si regge solo in paesi arretrati, questo è un altro discorso. Ma ciò non toglie che lo studioso trovi nel comunismo “un sistema”, qualcosa di più facile da definire, mentre il fascismo, con le sue brusche improvvisazioni, lo "disorienta".
Non da meno un suo esegeta contemporaneo: “in effetti, l’intellettuale, credendo nel primato della ragione sull’azione, che va scissa dal pensiero, e divinizzando il libro, necessita di uno schema preimpostato, dogmatico e razionalistico, valido in ogni tempo e luogo. Non è infatti una coincidenza che il liberalismo e il comunismo abbiano dei manuali di riferimento che assumono quasi una valenza religiosa. I detentori dell’egemonia culturale, fin dai primi tempi del dopoguerra, si affannavano a descrivere il fascismo come un incidente della storia o come un moto di puro autoritarismo privo di basi culturali, sminuendo la caratura di tutti quei pensatori che invece erano profondamente fascisti, simpatizzanti o comunque certamente antitetici alle ideologie dal fascismo combattute. Il perché ciò sia avvenuto è ovviamente dovuto a intenti censori, ma è anche causato dalla natura stessa del fascismo, la cui profonda essenza, partendo da principi metafisici e dinamici, e avendo tra i suoi massimi riferimenti il culto della nazione, si manifestava in forme differenti e variabili, non racchiudibili in nessun libretto di istruzioni. Un intellettuale quindi nel senso convenzionale del termine avrebbe dovuto fare uno sforzo in più per classificarlo e studiarlo nel modo più opportuno”.