L'ANTISEMITA

Ho già affrontato ciò che riguarda la questione ebraica (Il lato oscuro del potere - introduzione, Una questione anzitutto italiana, Nazionalsocialismo e società segrete e L’odio provocato) un argomento che potrei ritenere cruciale non tanto per indotte motivazioni ideologiche, ma perché strettamente attinente a delle forme di potere già piuttosto consolidate.

Prendo a riferimento un testo, L’Aristocrazia Nera di Riccardo Tristano Tuis, da me citato anche in altre occasioni, per meglio sbrogliare alcuni punti della questione.

Il libro possiede una sua ricca versione storico-antropologica, e a proposito di un vociferato antisemitismo da parte del suo autore, c’è da dire che l’unico inghippo che possa far pensare a qualcosa del genere, riguarda la stretta connessione che da oriente fa risalire “indiscriminatamente” gli ebrei dai cazari, senza troppo specificare che quelli che poi divennero gli aschenaziti (ebrei orientali e tedeschi) furono la branca residuale ebraico-sarmato-sadducea, di cui semmai i cazari ne adottarono l’escatologia religiosa, branca che un po’ come i gesuiti si ritrovò a oriente perché espulsa dal proprio luogo di provenienza.

Per intenderci, i sarmati sono quelli che nella bibbia e nei vangeli potremmo considerare come i samaritani, i sadducei erano la ricca aristocrazia ebraica connessa alle legioni romane di allora, sterminata per metà o più dai farisei, e costretta a errare nel resto dell’emisfero.

Potrebbe dirsi che quelle che si sarebbero potute considerare come aristocrazie, iniziarono a essere “nere” per via di una loro metodologia magico-occulta, fatta di sacrifici umani e di commercio piratesco, di cui comunque anche i farisei non ne furono da meno, e di cui anche i cazari ne affluirono in alcuni elementi - sebbene in parte - con l’abile vicendevole paravento (o nascondiglio) equivalente alla dicitura vendicativa del falso agnello giudaico.

La schiatta sarmato-sadducea assunse tale simile imperiale forza, per il tramite di quella italica (in particolar modo genovese, veneziana, lombarda, fiorentina e senese) ma ancor prima riuscì a innestare il concetto di religione monoteistica, strumentale, per alcuni aspetti, alla sua vendetta anti-ebraica.

L’autore ci informa come originariamente tra indoariani e semiti non vi era stata mai differenza alcuna, se non per il fatto che i primi risultassero spesso come la classe di comando dominante.

E trattandosi quindi di religioni monoteistiche/abramitiche, sentir parlare oggi di antisemitismo per parte islamica, non può che far sorridere, quando è semmai di anti-ebraismo che dovrebbe trattarsi.

Il termine antisemitismo riferito a certi ebrei è come un’indotta strumentale “velatura”, tesa a confondere le acque, che tradotto significherebbe delle forme-pensiero tali da rendere chi ne diviene vittima psichicamente congeniale a un’eterna vendetta sarmato-sadducea, se non quindi alla fruibilità sistemica nero-aristocratica.

È come se l’antisemita rendesse causa ai suoi stessi nemici che crede di combattere, per quanto non li combatta neppure sistematicamente.

Il testo inoltre riporta, per priorità ed evoluzione, una classificazione delle razze la cui autrice, l’occultista H.P. Blavatsky - dalle suddette aristocrazie (e dal nazionalsocialismo) tenuta in notevole considerazione - accenna a un’eventuale razza futura che verrà fuori dall’insieme di quelle precedenti, tale da poter minacciare il controllo sui destini dell’umanità, motivo per cui, e non a caso, viviamo scenari da Gran Reset, da transumanesimo robotico o artificiale, attraverso l’accentuazione di nuove guerre e di quel commercio piratesco da sempre a loro tanto caro.